S. E. Mons. Piero Coccia
Omelia in occasione della solennità del Serafico Padre San Francesco
Assisi, Basilica Superiore, 4 ottobre 2020
A nome di tutti i Vescovi delle Marche rivolgo un cordiale saluto a tutti i fedeli oggi qui convenuti, come anche a quelli che ci seguono da casa su Rai Tv, in occasione della celebrazione della solennità di San Francesco patrono d’Italia.
Saluto e ringrazio per la loro significativa presenza tutte le autorità civili, militari e religiose.
Ringrazio tutti coloro che, a vario titolo, si sono adoperati per la riuscita di questi due giorni assisiani carichi di intensa spiritualità, che hanno visto la partecipazione di numerosi fedeli i quali, pur con le limitazioni imposte dal coronavirus, sono convenuti qui ad Assisi, luogo caro a tutta la Chiesa e a tutta l’umanità.
Le Marche sono liete per essere state chiamate ad offrire l’olio che alimenta per tutto l’anno la lampada votiva sulla tomba di San Francesco. Un gesto questo che al di là del dato materiale, riveste un preciso significato simbolico. Esso sta ad indicare la volontà di attingere dalla figura e dall’opera di San Francesco quella luce di cui tutti abbiamo bisogno.
La nostra Regione giunge a questo appuntamento fortemente provata da due pesanti esperienze: quella del terremoto del 2016 che l’ha colpita materialmente e spiritualmente con oltre 50 vittime e quella del coronavirus che ha fatto registrare quasi mille decessi.
Siamo una Regione provata ed affaticata ma non piegata! La grande fede nel Signore ha sostenuto e sta sostenendo la nostra gente la quale ancora una volta sta dando prova di adattabilità, laboriosità ma anche di forte insofferenza, dovuta soprattutto ai mancati interventi, da parte delle competenti autorità, in merito al sisma.
Noi come pastori condividiamo la vita reale, le sofferenze, i bisogni e le speranze della nostra gente, perciò ci sentiamo di farci portavoce per chiedere alla politica ed alle istituzioni un supplemento di impegno e di responsabilità.
Nel contempo avvertiamo la necessità di confermare nella fede una comunità che, sulla scia della testimonianza di S. Francesco, come la odierna liturgia della parola ci suggerisce, è chiamata a ricostruire, a rinnovare e a responsabilizzare. Tre verbi che dicono tre esperienze e che coinvolgono non solo le comunità delle Marche, ma dell’Italia intera.
Nella prima lettura (Is 5, 1-7) abbiamo ascoltato la parola di Isaia che suona come forte rimprovero alla casa d’Israele per non aver curato la vigna del Signore. Per contrapposizione il profeta chiede un cambio di rotta che equivale ad un preciso impegno: quello della ricostruzione.
Nel nostro cuore risplende la figura di San Francesco come colui che ricostruisce la vigna del Signore. Vigna che include non solo la chiesa, ma soprattutto quella parte di umanità segnata dall’odio, dalla discordia, dall’errore, dalla sfiducia, dalla sofferenza e dalla disperazione.
Spesso ci troviamo a fare i conti con una società sfiduciata e a tratti anche rabbiosa. Noi nelle Marche ne sappiamo qualcosa. Urge un’opera di ricostruzione non solo sociale ed economica (nelle Marche anche materiale), ma soprattutto una ricostruzione spirituale nel segno della speranza.
La comunità cristiana celebrando e vivendo il mistero del Cristo non può non assolvere a questa missione che la vede protagonista nel testimoniare la forza di quella speranza che, come dice San Paolo nella lettera ai Romani (5, 5), non delude perché l’amore di Dio è stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Nessuno si senta escluso dall’impegno di una evangelizzazione che l’attuale e particolare situazione dell’Italia richiede. Quanto accaduto a Francesco, accada anche a noi chiamati a ricostruire gli animi dando fiducia e speranza.
Vado oltre. La lettera di San Paolo ai Filippesi (4, 6-9) nella parte finale invita la comunità alla preghiera di ringraziamento, ma contiene anche un invito a volare alto custodendo: “quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri… il Dio della pace sarà con voi”.
Come non sottolineare che la vita di San Francesco è stata un inno alla bontà, alla verità, alla fraternità, alla solidarietà ed alla pace.
Senza essere pessimisti ma semplicemente realisti, avvertiamo per l’Italia la necessità di un cambio di cultura. Quella attuale è troppo spesso fonte di relazioni possessive che generano violenza espressa nel mancato rispetto della vita, della natura, come anche ed in deprecabili forme di strumentalizzazione e di manipolazione. Abbiamo bisogno di una cultura diversa in grado di generare esperienze di fraternità e di solidarietà, come San Francesco ci insegna.
La comunità cristiana si renda conto di questa necessità e si senta protagonista di quella vera rivoluzione spirituale e culturale iniziata da Gesù, testimoniata da San Francesco ed insegnataci dalla Chiesa.
Passo all’ultima riflessione: quella della responsabilizzazione.
Il testo del vangelo di Matteo (21, 33-43) ci riferisce di una parabola di Gesù che ci richiama alla responsabilità e alla fedeltà. E’ la parabola dei vignaioli infedeli e irresponsabili, puniti severamente e a cui viene tolta la vigna.
Francesco è stato un vignaiolo fedele e ha reso il terreno che il Signore aveva a lui affidato fecondo e produttivo di frutti evangelici, come la storia di ieri e di oggi ci testimonia.
Anche a noi il Signore ha affidato una parte della sua vigna, perché potessimo curarla e farla fruttificare. A noi è chiesto di lavorare in essa con fedeltà e responsabilità. Abbiamo di fronte un segmento di umanità che va amata, curata e rigenerata con l’impegno di tutti e di ciascuno, attraverso un’incisiva e fattiva prossimità evangelica. Volgiamo lo sguardo su tante sofferenze ed ingiustizie, anche quelle a noi vicine. Tutto ciò che è umano ci riguarda e costituisce quel terreno che deve vederci operai laboriosi, per realizzare in forme sempre più compiute la tanto desiderata ecologia integrale.
Francesco d’Assisi, esempio di vera umanità in cui tutta la Nazione si riconosce, ci aiuti ad abitare il presente e a costruire il futuro nel segno dell’essenzialità, della fraternità e dell’amicizia sociale. Elementi questi che partono da un cuore che fa l’esperienza del Mistero di Cristo e che generano una vita nuova ed una società nuova, come Papa Francesco ci ha ricordato proprio ieri qui ad Assisi, firmando l’enciclica “Fratelli tutti”.
La Vergine Santissima, in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene, definita da San Francesco genitrice di Dio, ci conceda di generare, anche attraverso il nostro impegno teso a ricostruire, a rinnovare e a responsabilizzare un’Italia sempre più equa, solidale e fraterna.
Sia lodato Gesù Cristo
†Piero Coccia