OMELIA DI S. E. MONS. PIERO COCCIA
in occasione delle esequie di don Giuseppe Signoretti
Tavullia, 11 aprile 2022
- Venerdì 25 marzo in mattinata sono andato a trovare don Giuseppe nella sua abitazione di Tavullia dopo un aggiornamento continuo da parte dei suoi familiari sul suo stato di salute.
L’ho trovato debilitato ma quanto mai presente, lucido e cosciente. E soprattutto l’ho trovato confortato dalla fede nel Signore. Quella fede che sempre lo ha sostenuto come battezzato, come sacerdote e che in maniera particolare lo ha accompagnato in questi ultimi anni e mesi della sua malattia.
- Che dobbiamo dirci cari fedeli?
Quello che ci dice don Giuseppe: il mistero dell’uomo e della sua morte ha il suo compimento unicamente nel Mistero del Cristo Risorto. E’ quanto la liturgia della parola ci ha ricordato, aprendo il nostro cuore a quella speranza che non delude.
Le parole del libro della Sapienza (5, 1-9) sono chiare e di grande conforto: “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà”. Don Giuseppe non solo aveva il nome dell’uomo giusto, ma ha cercato sempre di vivere nella giustizia del Signore.
San Giovanni nell’Apocalisse (14, 13) ci dà una certezza: “ Io Giovanni udii una voce dal cielo che diceva: d’ora in poi beati i morti che muoiono nel Signore. Sì – dice lo Spirito essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”. Don Giuseppe ora riposa dalle sue non poche fatiche e le molte opere da lui compiute nel tragitto terreno lo seguono e lo accreditano di fronte al Signore.
Gesù nel Vangelo di Matteo (25, 1-13) racconta la parabola delle dieci vergini: cinque stolte e cinque sagge. Don Giuseppe sicuramente appartiene a queste ultime: non ha sprecato la vita, i doni, le risorse, il tempo. E’ stato vigilante in senso biblico. La sua lampada non si è spenta. Per questo il Signore lo introduce al banchetto delle nozze.
Oggi siamo nel dolore. Una persona con cui abbiamo convissuto e condiviso un lungo tratto della vita ci lascia. Ma siamo rasserenati dalla parola del Signore. E’ questa parola che ci dà la certezza della Risurrezione che attende tutti noi ed anche don Giuseppe al termine di una vita lunga e laboriosa.
- Tutti abbiamo conosciuto don Giuseppe il quale tra l’altro è stato un sacerdote che ha profondamente segnato la vita della nostra Arcidiocesi. Tutti ne abbiamo un ricordo particolare. Ma credo che ci siano dei tratti specifici della sua vita che ci hanno arricchito e di cui dobbiamo fare tesoro. Li esprimo con quattro parole che sono quattro esperienze: disponibilità, generosità infaticabilità e spiritualità.
A tutti era nota la disponibilità di don Giuseppe. Quanto a lui è stato chiesto lo ha sempre fatto, al di là delle sue preferenze personali. Ha servito la chiesa in tanti modi e non ha mai anteposto le sue esigenze a quelle della comunità espresse dai suoi vescovi. Cari sacerdoti abbiamo avuto in don Giuseppe un bell’esempio di disponibilità sacerdotale a servizio del bene della nostra chiesa che lui ha amato e servito. .
Ma di don Giuseppe va sottolineata anche la sua straordinaria generosità che fa coppia con disponibilità. Al di là del suo carattere che lui stesso riconosceva come “fatto male” e che a volte lo poneva in contrasto con l’interlocutore di turno, don Giuseppe aveva un cuore d’oro. Non era assolutamente insensibile come a volte poteva apparire. Anzi tutt’altro. Tante volte, dopo discussioni anche accese e prese di posizioni ferme e nette, l’ho sentito chiedere scusa o perdono a chi poteva essere rimasto male se non offeso, dalla sua irruenza che si manifestava anche con un tono di voce sostenuto se non alterato. Ho cominciato a conoscerlo come economo, responsabilità che sentiva molto. Ma posso dire di aver conosciuto il vero don Giuseppe come parroco premuroso ed affettuoso dedito con particolare amore alla comunità parrocchiale alla quale si dedicava con passione.
Ma voglio ricordare don Giuseppe anche per la sua straordinaria infaticabilità. Dotato di una fibra fisica resistente e sostenuto da profonde convinzioni interiori, don Giuseppe ha avuto dei ritmi di vita sorprendenti che lo hanno reso sempre presente nei suoi impegni di economo, di parroco a Montegaudio, a Babucce e da ultimo a Tavullia. Ha percorso un’infinità di chilometri di giorno ed anche di notte per non mancare mai agli appuntamenti che lo attendevano. Anche facendo sacrifici notevoli, ha collaborato con i confratelli, ha esercitato il suo ministero di parroco fedele ed ha assolto all’impegno gravoso di economo dell’Arcidiocesi.
Da ultimo aggiungo un altro tratto della sua persona. Don Giuseppe era conosciuto comunemente come il sacerdote del fare. E questo ci sta. Ma non dimentichiamo che don Giuseppe aveva e viveva una spiritualità che lo sorreggeva e sosteneva. In lui forte era lo spirito di preghiera. Sentita e vissuta la sua celebrazione dell’Eucaristia quotidiana. Puntuale la recita della liturgia delle ore. Sorprendente la sua devozione alla Madonna espressa anche con la quotidiana recita del Santo Rosario. Ricercata e metabolizzata la parola del Signore.
Grazie alla sua disponibilità, alla sua generosità, alla sua infaticabilità ed alla sua spiritualità, alcune importanti opere diocesane sono state realizzate. Faccio qualche anche se incompleto riferimento: Casa Padre Damiani, Villa Borromeo, Villa Bacchiani a Pozza di Fassa, Monte Petrano, Residenze di Gabicce, il Museo diocesano ad altre ancora. Nella realizzazione di tutte queste opere ed altre ancora, troviamo sempre la sua mano ed il suo cuore sacerdotale.
Oggi don Giuseppe ci lascia. Ringraziamo il Signore per avercelo dato.
Voglio ringraziare tutto il presbiterio che con don Giuseppe come economo e come parroco, ha avuto tante relazioni.
Ringrazio i suoi più diretti collaboratori alcuni dei quali oggi non ci sono più.
Ringrazio in modo particolare la famiglia che in forma discreta ma presente, lo ha sempre sostenuto, seguito e accompagnato, specie durante la sua malattia.
Ringrazio i fratelli Marcello e Alessandro che per lunghi anni hanno collaborato con l’Arcidiocesi nel campo lavorativo e in qualche modo sono entrati a far parte della famiglia diocesana.
A noi, cari sacerdoti e fedeli rimane il compito di pregare per i sacerdoti vivi e defunti e di ricordare il bene da loro ricevuto e ancora di pregare per le vocazioni.
La Vergine delle Grazie insieme a S. Terenzio, San Lorenzo e a San Pio Martire ci accompagnino per il tratto di strada che ci rimane da fare.
Sia lodato Gesù Cristo.
+ Piero Coccia