“Ringrazio profondamente le persone impegnate nella Pastorale Sanitaria, ad iniziare dal direttore padre Aldo Marinelli, che visitano i malati, portano la comunione, vengono in aiuto nelle necessità anche materiali di tante persone sole. E ringrazio anche gli operatori sanitari della nostra Azienda Ospedaliera Marche Nord, stasera così numerosamente e autorevolmente rappresentata. Avere un presidio ospedaliero è un dono immenso e se pensassimo a quei popoli che in territori lontani non hanno la benché minima struttura sanitaria, dovremmo continuamente essere grati al Signore, invece di lamentarci sempre per quello che non va”.
Si è aperta con questo saluto riconoscente dell’Arcivescovo Piero Coccia la celebrazione, svoltasi venerdì scorso in Cattedrale, della Giornata Mondiale del Malato, istituita trent’anni fa da Giovanni Paolo II. “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” era il tema della giornata. Misericordia: quell’atteggiamento del cuore, che si fa prossimo alle miserie – e l’infermità è una di esse – di chi ci sta accanto.
Le malattie, ha detto l’Arcivescovo, non sono tutte guaribili, ma tutte sono curabili, se “cura” significa non solo somministrazione di farmaci, ma anche relazione, servizio, comunicazione di speranza. La Chiesa, nel corso dei secoli, ha fondato tanti luoghi di cura per assistere malati di ogni genere, soprattutto i più indigenti. E tanti missionari hanno accompagnato l’annuncio del Vangelo con la costruzione di ospedali e dispensari. Anche la nostra arcidiocesi sostiene diverse strutture sanitarie, nelle quali operano persone qualificate e competenti, ma anche desiderose di alleviare quella solitudine in cui fa sprofondare la sofferenza: perché quando si sperimenta la malattia, il cuore si appesantisce, la paura cresce e la domanda di senso si fa più urgente.
“Il Vangelo ci ha raccontato la guarigione di un sordomuto da parte di Gesù, ha aggiunto mons. Coccia. Dobbiamo pregare affinché il Signore guarisca anche la nostra sordità e il nostro mutismo, rendendoci capaci di ascoltare l’invocazione che viene dai sofferenti e di annunciare con la nostra presenza la Sua vicinanza di Padre”.