“Il Pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro”
49° Settimana Sociale dei Cattolici italiani – Taranto
Siamo stati a Taranto con la nostra delegazione di Pesaro. Inviati dal nostro Arcivescovo Piero Coccia, che ringraziamo per come ci incoraggia e ci sostiene. Taranto è una città simbolo. La città dell’Ilva, della siderurgia, che ci parla delle conseguenze sociali e delle tragedie umane. Di quando ambiente, lavoro, salute e sviluppo vengono posti in contrapposizione. La Chiesa italiana è preoccupata e sta dando il suo contributo alla formazione di un nuovo modello di sviluppo, di cui il mondo ha urgente bisogno. Se si accetta che sia il solo mercato a trainare lo sviluppo, le disuguaglianze sociali ed economiche non potranno che moltiplicarsi. E’ propria del sistema di produzione capitalistico la sua capacità di incorporare e ricomporre le critiche a suo favore, per salvare l’obiettivo della massimizzazione del profitto e riaffermare il primato del capitale sul lavoro. Significativo è l’emergere ingannevole di un ecologismo e di un ambientalismo di facciata, sostenuto da imponenti strategie comunicative. In questo modo non poche aziende cercano di costruirsi un’immagine positiva, mentre nulla hanno a che fare con un’imprenditoria rispettosa dell’ambiente, della sicurezza e dei diritti dei lavoratori.
Le imprese, dice papa Francesco si devono prendere cura del lavoro e dei lavoratori. E’ indispensabile, continua il Pontefice, migliorare le condizioni di lavoro, insieme a un salario che non si limiti a soddisfare i bisogni immediati dei lavoratori, ma garantisca un margine di certezza per il futuro delle loro famiglie.
Il mondo del lavoro è ancora frammentato, per non dire disperso e dimenticato. In molto casi, ancora pericoloso e alienante.
E’ un mondo che va riunificato socialmente e ri-soggettivato nelle sue forme di rappresentanza. Noi guardiamo a un’impresa che mentre produce valore, allestisce asili e pensa a forme di aiuto e di sostegno alle famiglie e ai lavoratori. Questo è un compito che l’economia civile persegue con successo da anni.
Il punto fermo è che il cristiano non può vivere la fede senza impegnarsi a migliorare la terra in cui abita.
Tuttavia sono ancora molte le strategie giustificative di un sistema che ormai non regge più.
In questo gli americani restano esemplari. E’ loro la teoria dello sgocciolamento, secondo la quale i vantaggi a favore dei ceti abbienti producono una benefica ricaduta su disagiati e poveri. Come quella che un ricco in più è un povero in meno. In realtà un ricco in più e solo un ricco in più, che non contrasta la tendenza alla concentrazione della ricchezza e all’aumento vertiginoso delle disuguaglianze. Le statistiche ci dicono di come il capitale finanziario dei dieci uomini più ricchi del pianeta sia aumentato nell’ultimo anno di oltre 400 miliardi. Per non dire dell’insicurezza alimentare che ha raggiunto nel mondo livelli senza precedenti. Al punto che il 10% dei bambini nati nei paesi in via di sviluppo muore prima di avere compiuto i cinque anni di età.
Non per niente l’America è il paese dove i super ricchi, attraverso le loro associazioni filantropiche, finanziano opere di carità. Una carità opportunistica che non cambia, poiché non intende, il panorama delle povertà e delle sofferenze, ma che intanto attraverso la beneficienza è convinta di contenere i rischi del risentimento e del conflitto sociale che potrebbero minacciare i loro privilegi.
Se guardiamo alle nostre comunità locali, ci accorgiamo che è fondamentale contrastare la tendenza alla solitudine e all’allentamento dei legami sociali. Lo spazio pubblico di rappresentanza si va sempre più riducendo con il rischio che il territorio diventi un luogo di contesa, dove si affermano risentimento e violenza. E’ importante rianimare di socialità e di partecipazione anche le città, che, come ha scritto Stefano Zamagni, sono “la terra di mezzo tra la nazione e il singolo”. Ancora oggi, in questo impegno, troviamo in prima fila le Parrocchie e le associazioni di ispirazione cristiana, che cercano con le loro molteplici attività, di ricostruire l’indispensabile trama delle relazioni sociali.
Da parte nostra possiamo essere contenti di avere, nell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della nostra diocesi, un gruppo di giovani preparati e volenterosi.
Ci piace per questo riportare qui le loro parole di speranza.
“Possiamo essere noi il cambiamento che desideriamo”. Afferma Elisa Borselli. “A partire dalle piccole cose della vita quotidiana”.
“Sulle sfide ambientali il mondo cattolico sta mettendo in campo grandi competenze e testimonianze concrete di buone pratiche e modelli da seguire”. Spiega Michele Redaelli. “Noi vorremmo portare il nostro contributo anche sul nostro territorio e vogliamo farlo con l’incredibile energia che abbiamo visto nei giorni di Taranto”. “Creare alleanze” sottolinea Alessandro Talevi. “Con questo metodo vogliamo guidare il cambiamento. E dobbiamo farlo subito”.
Gianluigi Storti
Dir. Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro – Diocesi di Pesaro